La Freccia del Sud
Gli sguardi si incrociano mentre abbozziamo sorrisi coraggiosi.
Ci sosteniamo a vicenda, fraternamente; siamo membra dello stesso corpo.
Incomincia la notte d'appartenenza ad un treno che assorbe i nostri odori, i sudori, le nostre lacrime nascoste, la polvere delle scarpe e la terra appiccicata alle ruote delle valigie. Assorbe noi e quelli che son passati prima di noi.
Domani accoglierà con immutato e nauseabondo odore altri esuli di ritorno.
Il suo nome è Freccia del Sud.
Da sempre, chi viaggia sulla Freccia ama designare l'avanzata notturna come il "Viaggio della Speranza".
E' un epiteto che ci riempie di forza, vigore e allo stesso tempo ci angustia il cuore.
Siamo qui, che ci osserviamo prima di proferir parola.
Siamo compagni: condividiamo lo stesso senso di smarrimento, ogni fine giornata, nel momento che precede l'abbandono tra le braccia del sonno e rammentiamo di trovarci in terra straniera. Conosciamo bene anche quella sgradevolezza mattutina che ci assale nel risvegliarci tra mura silenziose, senza che dalla cucina, dal soggiorno o dal giardino, provenga il gorgoglio di voci germogliate da carne e sangue uguale al nostro.
Ci osserviamo distrattamente complici. E' un tempo fermo, lo sappiamo bene; il treno trascina i nostri corpi stanchi, alcune facce inebetite si riflettono sui vetri.
I minuti che passano dal momento in cui si termina di sistemare i bagagli pesanti, negli spazi riservati all'interno degli scompartimenti o più alla buona fuori nel corridoio, fino all'istante in cui qualcuno decide che è giunta ora di far chiacchiera, sembrano eterni e interminabili; ma appena scoppia il chiacchiericcio scompaiono dalle nostre menti, come se non li avessimo mai vissuti, come se in fondo quel tirare il fiato e guardarci attorno ci fosse servito per ricaricare la linfa e rifiorire, per assorbire l'odore emanato dai sedili e farlo nostro, per sentirci a casa, per mischiarci con la polvere ed il colore verde-bluastro dei rivestimenti che ci circondano.
E si raccontan storie, apriamo i cuori e svisceriamo i segreti, chi siamo e dove andiamo, da dove veniamo e chi stiamo correndo ad abbracciare.
Hai lasciato due figli, la fidanzata, la mamma o il vecchio nonno, sei un soldato, lavori, studi, i soldi dello stipendio non arrivano a fine mese, prima di trovar casa su al nord hai dormito come uno zingaro nella tua macchina o nei pressi di qualche stazione d'autobus; sembrano storie di altri tempi, sono le nostre, uguali e diverse.
E c'è chi prende la sopressata calabrese, con quel profumo invadente e pungente di peperoncino, dipinta di un rosso così splendente da far invidia al più bel tramonto sul Tirreno; intanto prendi anche il vino, i bicchieri di plastica non mancano mai, volete un panino? C'è sempre da banchettare sulla Freccia del Sud.
Poi tutto si quieta. Pian piano.
Si scivola in un silenzio che ha il sapore impalpabile dell'irreale. Chiudiamo la luce. Si scosta la tenda che da sul corridoio.
La nostra Freccia scivola veloce su un binario che è dritto e liscio come l'olio.
Stiamo tornando a casa.
Il pensiero si concretizza per un attimo nella mente e avverto che la parola "casa" brucia, come un fuoco, e sfiora il limitar delle ciglia umidificandole con il contatto.
Fuori dal finestrino splende una luna immensa, così luminosa da ferir lo sguardo.
E io guardo quella distesa di terre e campi che mi lascio alle spalle ogni secondo che passa, bagnata da latte lunare che tutto ricopre con la trasparenza di un velo.
Questa notte non è nera.
Siamo immersi in una magia di blu, siamo come un pesce che si abbandona alla corrente di un mare senz'acqua.
E sento i miei occhi tirar giù le palpebre, come han già fatto tutti i miei compagni. Al risveglio il mio sguardo si getterà sull'orizzonte e vedrò la mia terra, mio amato sud, disteso sotto un'alba rosea e oro, abbracciato dal turchese Mediterraneo.
Mi sembrerà di svegliarmi dopo un lungo sonno, il cuore batterà la parola "casa" una, dieci, milioni di volte; e io conserverò il ricordo di questo viaggio come fosse un sogno,
evanescente,
inafferrabile,
mio.
Come trasmettere un pò di sana malinconia in un post.
RispondiEliminaAccidenti, mi sento stanco come se quel viaggio lo avessi fatto anche io!
Non sono mai salito sulla Freccia, ma mi è quasi venuta voglia di provare (ma non per dieci ore di fila)
Spero che anche il viaggio di ritorno sia andato bene, per quanto faticoso.
F.G.
Il viaggio di ritorno è andato bene, ma non quanto quello sulla mitica Freccia.
RispondiEliminaUn treno storico.
Sulla fatica e la stanchezza sorvoliamo ^_^