mercoledì 26 novembre 2008

ultimo saluto

Di storie e favolette ci hai riempito l'infanzia.
I tuoi racconti erano pieni di personaggi surreali, di vicende improbabili, di luoghi visti e vissuti.
Un misto tra fantasia e verità; il tutto sempre accompagnato da sane risate.

Le tasche dei pantaloni erano sempre colme di noci, noccioline, castagne o semi di zucca seccati al sole.
Quando meno ce lo aspettavamo afferravi le nostre mani e con movimenti fulminei ci lasciavi il piccolo regalo da sgranocchiare. Poi ti allontanavi, con gli stessi passi furtivi del bambino che ha compiuto la marachella.

Di storie preferite ne avevo diverse, ma una giace in un posto particolare del mio cuore.
Me la raccontavi soprattutto in estate, quando giocavo con le formiche e le cicale cantavano sotto la calda luce del sole. Forse perché proprio le formiche e le cicale erano tra i protagonisti della storia.

"Quando la grande Regina, Madre delle Formiche invecchiò, divenne così debole da non riuscire nemmeno a mangiare da sola. Era davvero molto stanca: per tutta la vita non aveva fatto altro che lavorare e adesso, nei suoi ultimi istanti di vita, decise di chiamare tutte le altre formiche al suo capezzale, per salutarle e per farsi accudire.
- Figlie mie - chiamò la Regina Madre - figlie... accorrete, i miei ultimi istanti si avvicinano. Datemi qualcosa da mangiare e da bere, state in mia compagnia, avete lavorato molto oggi, fermatevi un istante per me"
Le formiche, dedite alle loro faccende, voltarono la testa verso la Regina e risposero:
- Madre, non possiamo. Dobbiamo sbrigarci a portare dentro tutti i semini, le briciole, i pezzi di cibo che si trovano sotto il sole. Abbiamo ancora molti spazi da riempire qui dentro, non possiamo fermarci, il lavoro ci aspetta.
All'udire queste parole, la Regina Madre si alterò così tanto che urlò: Siate maledette tutte quante voi! Da oggi, lavorerete ogni giorno della vostra vita come schiave, senza mai fermarvi, per accumulare ricchezze su ricchezze. Ma d'inverno, sotto le pioggie, le vostre case si allagheranno e sarete costrette a portare nuovamente fuori dal formicaio tutti i semini e i pezzi di cibo raccolti. E nell'aspettare che i deboli raggi di sole li asciughino, dal cielo scenderanno i passeri affamati per rubarvi tutto il raccolto. Questa è la mia maledizione: che non possiate mai godervi il frutto del vostro lavoro!
Detto questo, la vecchia Madre spirò."

"Anche la grande Madre delle Cicale, molto vecchia e molto stanca, si ritrovò sul letto di morte senza riuscire più a bere ed a mangiare. Per tutta la vita non aveva fatto altro che cantare e adesso faceva fatica persino a chiamare le sue figlie a raccolta:
- Figlie mie - chiamò la grande Madre - figlie.. accorrete. Interrompete per un attimo il vostro canto e venire accanto a me, fatemi compagnia e datemi un pò di cibo e un pò di acqua.
Le cicale, tutte allegre e festanti per il bel sole estivo, voltarono la testa verso la moribonda e risposero:
- Madre, cerca di comprendere, purtroppo non possiamo interrompere il nostro bel canto. Tutta la natura sorride grazie alla nostra allegria, anche gli uomini sono felici di ascoltarci, non possiamo smettere, dobbiamo continuare a cantare.
La vecchia Madre fu piena di sdegno, la rabbia si impadronì di lei e urlò: Siate maledette tutte quante voi! Da oggi, canterete incessantemente senza prender fiato fino a quando morirete dal troppo cantare! Non riuscirete a capire quando è il tempo di fermarvi e scoppierete attaccate a quegli alberi che non avete voluto lasciare per venire da me. Questa è la mia maledizione: che il vostro incessante cantare e cantare e cantare vi porti alla morte!
Detto questo, la vecchia Madre spirò."

"Anche la grande Regina, Madre delle Api, giungeva alla fine dei suoi giorni. Si ritrovò stanca e indebolita, dopo una vita trascorsa a svolazzare di fiore in fiore, immersa tra il profumo delicato o intenso dei petali e delle corolle.
Tutte le Api erano al suo fianco, per accudirla e coccolarla. Alcune le intingevano le labbra con la pappa reale, per addolcire gli ultimi istanti della grande Regina. Le piccole Api, affettuose e commosse, non abbandonavano la vecchia ape per un solo istante. Altre si asciugavano gli occhi con le piccole zampine, e stavano una vicina all'altra, tutte insieme.
- Figlie mie - disse allora la Regina Madre - io vi benedico, tutte quante, per ciò che state facendo in questi miei ultimi istanti di vita. Sia benedetto il vostro lavoro, caro all'uomo. Egli mai vi darà la caccia per uccidervi, ma gli sarete care, di voi non avrà paura perché per lui produrrete il buon miele. Il frutto del vostro lavoro sarà abbondante, così come le benedizioni che da me ricevete.
Detto questo, spirò tra le lacrime delle piccole Api."

E tu caro nonno, negli ultimi giorni della tua vita, sei stato per noi come la Regina delle Api.
Il punto luminoso attorno al quale radunarci. Al tuo capezzale sono accorsi parenti, amici e conoscenti. Tutti han desiderato esserti vicini nei tuoi ultimi mesi.
Perché ci eri caro e perché ti eravamo grati, perché i nostri cuori erano colmi di affetto. Non ti è mancata la pappa reale, nè le nostre lacrime. E siamo certi che tu di hai lasciato con ogni benedizione.

E così la tua storia si è conclusa come forse hai sempre desiderato: non eri solo, noi eravamo con te.

E così resteremo per sempre.