mercoledì 28 novembre 2007

Luci di Natale

luci nataleNel mio paesino le luci di Natale apparivano magicamente, dietro porte e finestre, non prima dell'8 Dicembre.
Come tradizione (e fede religiosa) vuole, l'Immacolata apre il periodo d'Avvento al Santo Natale: solo da questo giorno in avanti è possibile addobbare a festa salotti, camini, vetri, negozi, strade, piazze.

Quando ero piccola il mio paesino veniva abbellito con una forma luminosa di cometa (posta all'inizio di una strada principale), da un classico alberello (posto alla fine della stessa strada), da un angioletto (in piazza?).
Con il passare degli anni la cometa ha perso la coda (o meglio, le luci della coda non si accendono più, fortuna che resta la stella). L'alberello invece ha perso il verde del lato destro, l'angioletto non c'è più, sostituito da una grotta (ma forse lo scorso anno sparì pure lei).

Nel mio paesino le luci cittadine costano. Il Comune, si dice, non può permettersele.
Se le lampadine giungono al termine delle forze, non vengono sostituite.
O almeno, non vengono sostituite subito. Magari dopo qualche anno.

Nel mio paesino i negozi non riempiono la vetrina di addobbi, coprono la merce, dicono.
Le uniche luci che non mancano mai sono quelle delle case, della gente, delle famiglie, quelle appese dai bambini, dalle mamme, dai papà. Papà che sfidano la fatica e la loro povera schiena per attaccare collane di lucine colorate attorno alle ringhiere, agli alberi del giardino, fuori dalle finestre più alte.

Nel mio paesino era così Ieri, è così Oggi. Domani non sò.

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Rimini. Sabato 24 novembre 2007, la città di illumina a festa.

I corsi principali del centro storico luccicano d'oro, un giallo vivo e caldo, ammaliante. Luci a catenella, continue, una dopo l'altra, cascate e scie luminose che coprono il cielo nero della notte. E' un vestito che arde come fuoco.
In una delle piazze invece, dall'oro si passa all'argento: la tinta dominante è un bianco ghiaccio. Piccolissime lucine si assemblano e si incrociano per donarci delle stelle immacolate, fioccchi di neve sulla nostra testa.
Tutto risplende di candore.

E i negozi sono ancora più luminosi di ciò che ci dondola sul capo: vetrine scintillanti, dal blu al rosso, dal giallo al bianco, dall'azzurro al verde.
Dicono che l'atmosfera natalizia invoglia all'aquisto.
In questo modo la gente pensa ai regali, da fare e ricevere, da farsi.
Dicono che rispettare quella sciocca credenza, un pò retrò, dell'8 dicembre, non serve a niente: perchè allestire un simile spettacolo di luci se non possiamo godercelo a lungo?
A sto punto mi chiedo perché aspettare il 24 novembre....

Dicono anche che le luci costano, tanto, ma il Comune, per rendere belle le strade e le piazze, è disposto a questo sacrificio (sacrificio di chi?)
Dicono che tanto "Luci in città" è finanziata dagli stessi negozi, che nutrono molto interesse nel suscitare desiderio d'aquisto nel cuore e nel portafoglio del passante.

Quando una delle luci si fulmina, quando una catenella luminosa e ciondolante diventa invisibile, quando una delle stelle color ghiaccio prende il colore della notte, in men che non si dica arriva qualcuno a ripararle.
Se spettacolo deve essere, spettacolo sia. Senza imperfezioni.

E io ripenso alla stella cometa, disposta sulla strada principale del mio paesino..penso alla sua coda spenta, che nessuno riparerà.
Penso a tutti quei paesini al buio, che aspettano l'8 dicembre per addobbare le loro casette e i loro vetri.
Penso alle candele che un tempo accendevamo davanti i davanzali delle finestre..alla luce del camino. Al cielo nero sulle nostre teste.

Non lo nego..le scenografie luminose sono belle. Mi piace guardare le luci riminesi.
In fondo ogni luce è una magia.
E poi è vero. Sembra che Natale sia alle porte.
E ho voglia di tornare a casa.

Questo scritto non è una critica, non è una nostalgia, non è disprezzo, non è consenso.
Forse è un pò di tutto, ma niente nel particolare.

Sono due storie, due luoghi. Diversi. Anche a Natale.
E ci sono io che ho voglia di tornare a casa.

Perchè non ha senso alzare la testa verso lo scintillìo, se non c'è un altra testa che si alza con la mia.
E se c'è un altra testa ad alzarsi assieme a me, non ci serve lo scintillìo per esser felici.
In fondo, queste luci rappresentano una forma distrazione. Una deviazione mentale che ci smarrisce.

Ci ammaliano di bellezza, ci proteggono dalla notte buia.

Eppure se c'è il vuoto, questo resta.

mercoledì 21 novembre 2007

Voglia d'Arance..

aranciaHo voglia di mangiare un'Arancia.

Un'Arancia come quelle che crescevano nel giardino della casa natia.
Arance arancioni, ma arancioni brillanti.

Le raccoglieva mia sorella da rami colmi e penzolanti.
Le mangiava con gusto.
E le portava a me che a coglierle non andavo.

Erano di un arancione sconvolgente.
E più era intenso il colore, più lo era il sapore.

Arance sia belle che buone.

Emanavano un profumo che avvolgeva senza opprimere.
Invadeva il senso e nello stesso istante sembrava librarlo nel vuoto.

Un profumo dolce. Un profumo pungente.

Un Profumo.

Erano delicate e fresche al tatto. Morbide.
Consentivano alle dita di esercitare una leggera pressione sulla buccia.
Una pressione che dominava il frutto.
Un possesso quasi sensuale.
Un possesso inebriato dal Profumo.

Dopo averla gustata con gli occhi,
con il naso,
con la mano,
con la lingua già fremente di sapore frizzantino,
la gustavi anche con l'orecchio.

Lo sfregamento della buccia,
la penetrazione,
lo strappo,
la penetrazione,
lo strappo,
il raspare,
lo spacco,
lo spicchio estirpato.
Tra le dita ne percepivi la morbidezza e la liquidità nascosta, poi, eccolo, moriva tra il palato e la lingua.

Voglio mangiare un'Arancia.

Assaporare quel gusto forte,
aspramente dolce,
dissetante,
squisito,
delizioso mentre scende in gola.

La desidero.
E vorrei donarne una anche a te, che leggi questo post.

Te la donerei in ricordo della mano di mia sorella che coglieva i frutti dagli alberi per riporli nelle mie mani.
Per condividerli.

Forse desidero mangiarla perché in realtà,
quel profumo e quel sapore,
erano il profumo e il sapore di un affetto genuino.


Vorrei recuperare quel gusto di

mangiare, assieme, un'Arancia.


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Condivido volentieri un Arancia con Vitty, F.G., Rukia
che con gentilezza hanno accolto l'invito.

giovedì 15 novembre 2007

Freddo...con timore ti aspettavo

gelo ghiccio




Soffro
il
freddo
in
modo
disumano.





Lo soffro per circa dieci mesi l'anno, dormo con le coperte anche in estate, non conosco la goccia di sudore nemmeno sotto i 40 gradi estivi.

Lo soffro e lo temo.
Per quanto io mi possa coprire, circondare di stufe elettriche, avvolgere in morbide coperte di pile, arrostirmi davanti ad un camino, se il freddo mi stringe nella sua morsa, non c'è verso di scaldarmi.

E lo sento dappertutto, è un dolore anestetico come quello che ti provoca la neve quando ti ghiaccia i piedi, lo sento sulla fronte, negli occhi, sulle orecchie, attraverso la schiena, attorno alle ginocchia, mi stordisce, mi sento debole e inanimata.

Ma grazie al cielo è arrivato.

L'inverno scorso è stato totalmente irreale.
Caldo, sofferente, opprimente.
O almeno, l'ho vissuto così.

Era tutto sbagliato, temperature insostenibili per le nostre stagioni fredde, nemmeno una goccia di pioggia, nemmeno la neve, nemmeno un piccolo strato di ghiaccio sottile durante la notte.

Era sbagliato.
Era sbagliato esser contenti di vivere in un miraggio che non voleva andar via.
Era sbagliato e la nostra Terra lo sapeva.
Era sbagliato e i nostri ghiacciai l'hanno pagato.
Era sbagliato e non ci abbiamo badato.

Il freddo di questi giorni, almeno un pò mi rincuora.

E anche se sto male e tremo, speriam che duri.

Ma sò bene che il nostro Pianeta grida ancora e urla e soffre e strepita, e ci scrolla, ci abbatte, ci sussulta, ci schizza via quando gli pare, sbotta, trema, balla, canta, grida.

Finchè morte non ci separi.