venerdì 21 dicembre 2007

Buone Feste, con dedica particolare a qualche Blog

Ci siamo, si avvicina la fine dell'anno.

Sono giorni che leggo post di valutazione sull'anno trascorso.

Un pò tutti i blogger tiran le somme su cosa è stato fatto, sui prossimi progetti, nuove idee, buoni propositi, ecc ecc.

L'esperienza del Blog, in questo 2007, per me è stata positiva.
Uso questo spazio per scrivere, per mettermi alla prova, per esercitarmi, per esprimere le sensazioni che mi appartengono.
Con poca costanza forse.
Se io dovessi fare un buon proposito, ecco, sarebbe quello di curare un pò di più questo piccolo giardino virtuale.
E poi mi piacerebbe portare a termine almeno uno dei miei raccontini iniziati e depositati nel cassetto, per postarli proprio in queste pagine.

Ma il 2007 non lo ricorderò solo per il mio Blog.
Ma anche per tutti quei Blog che mi hanno tenuto compagnia, che ho letto assiduamente, che mi hanno aiutata nel mio lavoro, che ho trovato utili.

Mi piace chiudere questo 2007, con un particolare ringraziamento proprio a loro:

Il Mulino di Amleto di Francesca Pacini: ogni volta che leggo le riflessioni di Francesca, inevitabilmente mi sembra di essere stata io a comporle. Post più introspettivi si alternano con post dal taglio più culturale, attuali. E poi ogni due mesi ci regala quella meravigliosa rivista online che è il Silmarillon

Placida Signora: le sue Placide storie, legende, credenze, curiosità e quant'altro, ci regalano il buongiorno ogni mattina. Entrare nel Blog di Mitì Vigliero, vuol dire accomodarsi in un salottino, ascoltare una bella storia, gustarla e condividerla con tanta bella gente.

980km di Johnnie Maneiro: in questo mio Blog non parlo mai di lavoro. Tuttavia, molti dei Blog che leggo, riguardano proprio la mia sfera professionale. 980km è un blog al quale mi sono subito affezionata: utili consigli, intuizioni, segnalazioni, una bella Guida sui Corporate Blog (riprenderà vero?), il tutto in un clima sereno, confidenziale. E' l'unico Blog "vicino" al mio lavoro che segnalo qua dentro.

Una Vignetta: una vignetta al giorno per togliere il malumore e lasciarsi sfuggire una risata. PV ci regala un pò di sana ironia ogni mattina. Grazie anche all'insostituibile Idiota Zen.

Un Tram di nome Fioco: forse, tra quelli segnalati, è il Blog che leggo meno. Eppure mi capita spesso di restare affascinata da alcuni post scritti e vissuti da FiocoTram. E' una scrittura che mi affascina, a volte vivace, a volte più scura. Però mi affascina.

Mi fermo qui.
Questi sono i Blog che apro ogni mattina, senza aver bisogno dei Feed per seguirli.
Sono un'abitudine, come il caffè appena sveglia.

A loro, a tutti i Blogger, ai loro lettori, a noi lettori, Buone Feste!

Ci rivediamo nel 2008!

venerdì 14 dicembre 2007

Vodafone..Furto attorno a te!!!

Vodafone LadriCome perdere soldi grazie alla Vodafone!

Ho appena chiuso la telefonata avuta con una gentile signorina Vodafone-tutto-intorno-a-te, vi avviso, sono particolarmente accaldata!

- Premessa - Vodafone Infinity Casa:
Sono passati diversi mesi da quando ho attivato la promozione Infinity casa (mi sembra il nome sia questo).
Per capirci meglio: ogni mese prelevano 3 euro dal mio traffico telefonico per 500 minuti di conversazione "gratuita" verso i numeri fissi.
Promozione che ritengo anche abbastanza utile.

Come funziona la ricarica mensile della promozione Vodafone:
Un tot di giorni prima della data di rinnovo, arriva un sms per ricordarti che "la promozione tal dei tali verrà rinnovata giorno XX al costo di 3 euro".
Un bel promemoria!
Il giorno stabilito, la Vodafone preleverà le tre euro dal traffico telefonico e rinnoverà la promozione.

Come capire se la promozione è attiva o meno?
Ti mandano un sms di conferma.
Quando poi effettui la telefonata, la voce fredda e cordiale di una signorina meccanica, ti informa che stai effettuando la telefonata utilizzando Infinity casa.
Se questa voce non parla, ma la telefonata parte normalmente, allora significa che ancora non è stata attivata.

Tuttavia, se il traffico non è sufficente per il rinnovo, c'è tempo 7 giorni per effettuare una ricarica.
In questo caso, per capire se la promozione è attiva o meno, non arriva nessun messaggio di conferma, semplicemente te lo segnalano con la presenza o meno della voce femminile meccanica.

- Il Fatto:
Giorno 11 avrei dovuto rinnovare la promozione.
Il mio traffico risultava insufficente.
Oggi ho effettuato la ricarica.

Questa sera ho effettuato una telefonata. E' partita la voce meccanica che mi comunicava che la mia telefonata stava usufruendo dei minuti "gratuiti" della promozione Vodafone Infinity Casa.

All'improvviso, dopo un pò di tempo che conversavo, ecco che cade la linea.

Mi giunge subito un sms Vodafone: il mio credito era insufficente e proseguire la telefonata.

E ci credo: invece di 10,00 euro mi ritrovo con 0,01 cent !!

- La risposta dell'operatore:
Ovviamente la prima cosa che faccio è comporre il 190 e chiedere di parlare con un operatore.

Risponde una ragazza. Spiego la situazione, lei effettua tutti i controlli, e mi dice:

"la promozione Vodafone Infinity Casa risulta non attiva da giorno 11"
"e perchè allora è partita la voce meccanica ad inizio telefonata?"
"è stato un errore, non è mai successo, ma purtroppo è così"

Io mi altero lievemente.
Quando si ricarica la promozione con ritardo, sò benissimo che non sempre l'attivazione è immediata. Tuttavia, dato che non ti inviano sms di conferma, la verifica a mia disposizione è la presenza o meno della voce meccanica.

Se c'è, io continuo a parlare perchè uso i minuti gratuiti e non il mio traffico.

Ok, in fondo sono sistemi meccanici, può capitare... solo che la signorina, dopo un pò, mi dice:

"guardi, io per rimediare in qualche modo al disguido, posso attivarle in via eccezionale la promozione, senza costi aggiuntivi"
"come in via eccezionale? ci mancherebbe che adesso per attivarla devo sborsare il costo di attivazione (non le 3 euro mensili, ma il costo di attivazione delle promozioni, che sono decisamente più alti)"
"eh signora, purtroppo la promozione è cambiata e adesso una volta che viene disattivata, non si può più attivare gratuitamente"
"ma un momento...io ho effettuato la ricarica entro i 7 giorni, la sua attivazione è un mio diritto!"
"ma la promozione è cambiata"
"allora dovevate avvisarmi!! io, quando ho attivato la prima volta questa promozione, ho stretto un contratto con voi! ho dei diritti e dei doveri. Non potete cambiare le condizioni senza avvisarmi"
"purtroppo le cose stanno così. Ora se vuole accettare o meno la riattivazione.."

Senza parole!

Unica nota positiva, la gentilezza della ragazza.

La storia è finita con la mia voce nervosa che semi-sbraitava, anche perché adesso non ho più un soldo dul telefono, in questo preciso momento dovevo effettuare una telefonata (o comunque avevo necessità di continuare quella in corso) e non posso farlo.

Perché si, mi hanno ripristinato la promozione (che non è un regalo che mi hanno fatto, ma è un MIO DIRITTO!), ma non ho un soldo e quindi la telefonata non parte!

Alla fine la ragazza, forse per rabbonirmi, mi fa:

"adesso invierò la sua protesta, vediamo se succede qualcosa..."

- L'Epilogo:
Io non credo che mi restituirai i miei soldi, cara Vodafone.

Però credo che in questa situazione ti sei dimostrata alquanto scorretta.

Digitanto il 404 sul telefonino, io posso conoscere in qualsiasi momento l'importo del credito residuo.
Però, per sapere se la mia promozione è attiva, non mi dai lo stesso servizio di numero diretto.
Non mi invii il messaggio di conferma.
Mi fornisci le indicazioni con la presenza di una voce meccanica.
Che mente.
Mi prende in giro.
Mi dice che sto telefonando gratis quando invece non è così.

Certo, tu devi perseguire i tuoi vantaggi, fai quello che ti conviene.
E io in fondo sono solo uno dei tanti clienti (anche se sono cliente storica, sò che non conta niente per grosse aziende come te).

Sono uno dei tanti clienti, ma mi sfogo su un blog.

Tutto qui.

Vodafone..Furto attorno a te!!!

Mancanza - 1

Mancanza:

incapacità di vivere senza...




ed Eco morì, consumandosi in sè stessa....

struggendosi nella dimenticanza, nel dolore di chi scopre di non essere necessaria.

Morire, morire per lui, gli sarebbe bastato.

Se lui glielo avesse chiesto, avrebbe donato ogni cosa, la carne, il sangue, ogni sentimento, il suo stesso essere, ogni cosa, le ossa, il dolore, le lacrime, tutto per lui, solo per lui.
Per lui si sarebbe distrutta, consumata, pur di saperlo felice.
Per lui, voleva esistere solo per lui, respirare per lui, per nessuno..nemmeno per se stessa.

Che senso aveva svegliarsi ogni mattino se non apriva gli occhi tra le sue braccia?
Che senso aveva dormire la sera se il capo non era poggiato sul suo petto?

Nessun senso, non serviva a nessuno.

I giorni che trascorriamo in questo mondo son pochi...
se non possiamo accostarci a chi amiamo, a cosa servono?

Eco continuava a chiedersi incessante perché lui non poteva accettare quel suo umile dono.
Perchè non accettava lei, tutta, in anima e corpo.
Perché non voleva averla vicina, nella diperazione e nella lietitudine?
Eco non lo capiva.

Quel rifiuto non lo capiva.

E si struggreva.





Come io mi struggo adesso nella mancanza.

Nella mia incapacità di vivere senza....

ed allo stesso tempo, nell'incapacità di bastarti..




forse non riuscirò
a darti il meglio
più volte hai trovato i miei sforzi inutili

forse non riuscirò
a darti il meglio
più volte hai trovato i miei gesti ridicoli
come se non bastasse
l'aver rinunciato a me stessa
come se non bastasse tutta la forza
del mio amore

e non ho fatto altro
che sentirmi sbagliata
ed ho cambiato tutto di me
perché non ero abbastanza
ed ho capito soltanto
adesso
che avevi paura

forse non riuscirò
a darti il meglio
ma ho fatto i miei conti e ho scoperto
che non possiedo di più
come se non bastasse
l'aver rinunciato a me stessa
come se non bastasse tutta la forza
del mio amore

e non ho fatto altro
che sentirmi sbagliata
ed ho cambiato tutto di me
perché non ero abbastanza
ed ho capito soltanto
adesso...

e non ho fatto altro
che sentirmi sbagliata
ed ho cambiato tutto di me
perché non ero abbastanza
ed ho capito soltanto
adesso
che avevi paura

(BluNotte - Carmen Consoli)

martedì 11 dicembre 2007

Ma che bello il presepe di sabbia....2

Così fragile, così delicata.
La sabbia sembra esser l'ideale per rappresentare la Natività.
Una manifestazione effimera, un istante unico, magico.
Eppure pesante. Che ha cambiato vite.
Che ha legato sotto un unico filo “chi crede” e “chi non crede”.

La sabbia si compatta, di lascia plasmare per assumere forma di viso umano.
Granelli abbracciati che restituiscono vita ad un immagine, che raccontano una storia impetuosa, un gesto e una parola scrosciante.
La compattezza di un momento pronto a sbriciolarsi l'istante seguente.

Noi uomini, tutti, siamo mutevoli, in continuo cambiamento.
Siamo statue di sabbia che si distruggono in ogni istante, per riemergere subito dopo in una nuova forma.

Siamo pronti a sbriciolarsi, esistiamo adesso, esistiamo dopo, esistiamo prima, e siamo sempre diversi. Siamo frammenti. Siamo inconsistenti.

Siamo tutti manifestazione effimera, come questa Nascita.

Eppure siamo.

E ciò che conta è il segno che lasciamo...
l'impeto e i gesti che seminiamo prima di disfarci nell'intangibile evanescenza dell'epilogo.

Ma che bello il presepe di sabbia....


presepe sabbia rimini
presepe sabbia rimini
presepe sabbia rimininatività di sabbia rimini

mercoledì 5 dicembre 2007

Ci sono Lacrime

Ci sono lacrime che al mattino svaniscon come rugiada.
Avvolgono il cuore nella morsa, soffocano il respiro.
E' un dolore sordo, senza voce e senza sangue.
Un dolore freddo che non si lascia raccontare.

Ci sono lacrime che scorrono come ruscelli di montagna.
Disperate e graffianti, urla soffocate nel singhiozzo.
E' un dolore combattuto, con vigore e con violenza.
Un dolore tormentato che ripudia la ragione.

Ci sono lacrime delicate come perle al chiaro di luna.
Scendono rapide nel silenzio, limpide come cristalli.
E' un dolore che muore nel sorriso, con dolcezza e con amore.
Un dolore che desidera innalzarsi nel piacere.

Ci sono lacrime invisibili come acqua nel deserto.
Mute, prosciugate, senza sale e prive d'aspetto.
E' un dolore inespressivo, senza forza nè stupore.
Un dolore insostenibile e incapace di morire.

Ci sono lacrime preziose come fossero gemme rare.
Nascoste agli sguardi, trattenute nel pugno chiuso.
E' un dolore dimenticato, che si nega anche a se stesso.
Un dolore che necessita solo d'un pò d'amore.

lacrime

mercoledì 28 novembre 2007

Luci di Natale

luci nataleNel mio paesino le luci di Natale apparivano magicamente, dietro porte e finestre, non prima dell'8 Dicembre.
Come tradizione (e fede religiosa) vuole, l'Immacolata apre il periodo d'Avvento al Santo Natale: solo da questo giorno in avanti è possibile addobbare a festa salotti, camini, vetri, negozi, strade, piazze.

Quando ero piccola il mio paesino veniva abbellito con una forma luminosa di cometa (posta all'inizio di una strada principale), da un classico alberello (posto alla fine della stessa strada), da un angioletto (in piazza?).
Con il passare degli anni la cometa ha perso la coda (o meglio, le luci della coda non si accendono più, fortuna che resta la stella). L'alberello invece ha perso il verde del lato destro, l'angioletto non c'è più, sostituito da una grotta (ma forse lo scorso anno sparì pure lei).

Nel mio paesino le luci cittadine costano. Il Comune, si dice, non può permettersele.
Se le lampadine giungono al termine delle forze, non vengono sostituite.
O almeno, non vengono sostituite subito. Magari dopo qualche anno.

Nel mio paesino i negozi non riempiono la vetrina di addobbi, coprono la merce, dicono.
Le uniche luci che non mancano mai sono quelle delle case, della gente, delle famiglie, quelle appese dai bambini, dalle mamme, dai papà. Papà che sfidano la fatica e la loro povera schiena per attaccare collane di lucine colorate attorno alle ringhiere, agli alberi del giardino, fuori dalle finestre più alte.

Nel mio paesino era così Ieri, è così Oggi. Domani non sò.

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Rimini. Sabato 24 novembre 2007, la città di illumina a festa.

I corsi principali del centro storico luccicano d'oro, un giallo vivo e caldo, ammaliante. Luci a catenella, continue, una dopo l'altra, cascate e scie luminose che coprono il cielo nero della notte. E' un vestito che arde come fuoco.
In una delle piazze invece, dall'oro si passa all'argento: la tinta dominante è un bianco ghiaccio. Piccolissime lucine si assemblano e si incrociano per donarci delle stelle immacolate, fioccchi di neve sulla nostra testa.
Tutto risplende di candore.

E i negozi sono ancora più luminosi di ciò che ci dondola sul capo: vetrine scintillanti, dal blu al rosso, dal giallo al bianco, dall'azzurro al verde.
Dicono che l'atmosfera natalizia invoglia all'aquisto.
In questo modo la gente pensa ai regali, da fare e ricevere, da farsi.
Dicono che rispettare quella sciocca credenza, un pò retrò, dell'8 dicembre, non serve a niente: perchè allestire un simile spettacolo di luci se non possiamo godercelo a lungo?
A sto punto mi chiedo perché aspettare il 24 novembre....

Dicono anche che le luci costano, tanto, ma il Comune, per rendere belle le strade e le piazze, è disposto a questo sacrificio (sacrificio di chi?)
Dicono che tanto "Luci in città" è finanziata dagli stessi negozi, che nutrono molto interesse nel suscitare desiderio d'aquisto nel cuore e nel portafoglio del passante.

Quando una delle luci si fulmina, quando una catenella luminosa e ciondolante diventa invisibile, quando una delle stelle color ghiaccio prende il colore della notte, in men che non si dica arriva qualcuno a ripararle.
Se spettacolo deve essere, spettacolo sia. Senza imperfezioni.

E io ripenso alla stella cometa, disposta sulla strada principale del mio paesino..penso alla sua coda spenta, che nessuno riparerà.
Penso a tutti quei paesini al buio, che aspettano l'8 dicembre per addobbare le loro casette e i loro vetri.
Penso alle candele che un tempo accendevamo davanti i davanzali delle finestre..alla luce del camino. Al cielo nero sulle nostre teste.

Non lo nego..le scenografie luminose sono belle. Mi piace guardare le luci riminesi.
In fondo ogni luce è una magia.
E poi è vero. Sembra che Natale sia alle porte.
E ho voglia di tornare a casa.

Questo scritto non è una critica, non è una nostalgia, non è disprezzo, non è consenso.
Forse è un pò di tutto, ma niente nel particolare.

Sono due storie, due luoghi. Diversi. Anche a Natale.
E ci sono io che ho voglia di tornare a casa.

Perchè non ha senso alzare la testa verso lo scintillìo, se non c'è un altra testa che si alza con la mia.
E se c'è un altra testa ad alzarsi assieme a me, non ci serve lo scintillìo per esser felici.
In fondo, queste luci rappresentano una forma distrazione. Una deviazione mentale che ci smarrisce.

Ci ammaliano di bellezza, ci proteggono dalla notte buia.

Eppure se c'è il vuoto, questo resta.

mercoledì 21 novembre 2007

Voglia d'Arance..

aranciaHo voglia di mangiare un'Arancia.

Un'Arancia come quelle che crescevano nel giardino della casa natia.
Arance arancioni, ma arancioni brillanti.

Le raccoglieva mia sorella da rami colmi e penzolanti.
Le mangiava con gusto.
E le portava a me che a coglierle non andavo.

Erano di un arancione sconvolgente.
E più era intenso il colore, più lo era il sapore.

Arance sia belle che buone.

Emanavano un profumo che avvolgeva senza opprimere.
Invadeva il senso e nello stesso istante sembrava librarlo nel vuoto.

Un profumo dolce. Un profumo pungente.

Un Profumo.

Erano delicate e fresche al tatto. Morbide.
Consentivano alle dita di esercitare una leggera pressione sulla buccia.
Una pressione che dominava il frutto.
Un possesso quasi sensuale.
Un possesso inebriato dal Profumo.

Dopo averla gustata con gli occhi,
con il naso,
con la mano,
con la lingua già fremente di sapore frizzantino,
la gustavi anche con l'orecchio.

Lo sfregamento della buccia,
la penetrazione,
lo strappo,
la penetrazione,
lo strappo,
il raspare,
lo spacco,
lo spicchio estirpato.
Tra le dita ne percepivi la morbidezza e la liquidità nascosta, poi, eccolo, moriva tra il palato e la lingua.

Voglio mangiare un'Arancia.

Assaporare quel gusto forte,
aspramente dolce,
dissetante,
squisito,
delizioso mentre scende in gola.

La desidero.
E vorrei donarne una anche a te, che leggi questo post.

Te la donerei in ricordo della mano di mia sorella che coglieva i frutti dagli alberi per riporli nelle mie mani.
Per condividerli.

Forse desidero mangiarla perché in realtà,
quel profumo e quel sapore,
erano il profumo e il sapore di un affetto genuino.


Vorrei recuperare quel gusto di

mangiare, assieme, un'Arancia.


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Condivido volentieri un Arancia con Vitty, F.G., Rukia
che con gentilezza hanno accolto l'invito.

giovedì 15 novembre 2007

Freddo...con timore ti aspettavo

gelo ghiccio




Soffro
il
freddo
in
modo
disumano.





Lo soffro per circa dieci mesi l'anno, dormo con le coperte anche in estate, non conosco la goccia di sudore nemmeno sotto i 40 gradi estivi.

Lo soffro e lo temo.
Per quanto io mi possa coprire, circondare di stufe elettriche, avvolgere in morbide coperte di pile, arrostirmi davanti ad un camino, se il freddo mi stringe nella sua morsa, non c'è verso di scaldarmi.

E lo sento dappertutto, è un dolore anestetico come quello che ti provoca la neve quando ti ghiaccia i piedi, lo sento sulla fronte, negli occhi, sulle orecchie, attraverso la schiena, attorno alle ginocchia, mi stordisce, mi sento debole e inanimata.

Ma grazie al cielo è arrivato.

L'inverno scorso è stato totalmente irreale.
Caldo, sofferente, opprimente.
O almeno, l'ho vissuto così.

Era tutto sbagliato, temperature insostenibili per le nostre stagioni fredde, nemmeno una goccia di pioggia, nemmeno la neve, nemmeno un piccolo strato di ghiaccio sottile durante la notte.

Era sbagliato.
Era sbagliato esser contenti di vivere in un miraggio che non voleva andar via.
Era sbagliato e la nostra Terra lo sapeva.
Era sbagliato e i nostri ghiacciai l'hanno pagato.
Era sbagliato e non ci abbiamo badato.

Il freddo di questi giorni, almeno un pò mi rincuora.

E anche se sto male e tremo, speriam che duri.

Ma sò bene che il nostro Pianeta grida ancora e urla e soffre e strepita, e ci scrolla, ci abbatte, ci sussulta, ci schizza via quando gli pare, sbotta, trema, balla, canta, grida.

Finchè morte non ci separi.


martedì 30 ottobre 2007

Due parole su Tumblr

piccole ondeLavoro "con" e "attraverso" il web, quando esco dal lavoro continuo a stare "sul" web (non sempre, ma molto spesso).
Sono curiosa. Tanto.
Tumblur suscitò il mio interesse fin da subito.

A dire il vero, me ne sono innamorata in questo placido post: è bastata una descrizione appassionata, nostalgica dei vecchi e amati diari di scuola, per farmi affezionare allo strumento senza averlo provato.

Cos'è Tumblr?
Per me è il fratellino minore del Blog.
Il mio blocchetto appunti, dove segno citazioni, immagini, post che mi hanno interessata.
In fondo, altro non è che un blog semplificato, senza commenti, senza categorie, nè etichette. Decisamente più spoglio, minimale...più facile, più veloce, più immediato.

No, non sostituisce il Blog. Semmai può integrarlo.
O meglio, lo appoggia.
Raccoglie quegli spunti che forse un giorno si trasformeranno in post, forse no, anzi, molto probabilmente no, e va bene lo stesso.

E raccoglie anche altre cose che mi piacciono o che mi colpiscono: che sia un video, un immagine, una foto, qualunque cosa.

Il nome è venuto da sè: Piccole Onde.

Per chi desiderasse approfondire, ecco qualche link utile:

- 10 Motivi per cui i Blogger dovrebbero usare un Tumblelog
- Intervista a Tommaso Sorchiotti che illustra con chiarezza tutte le caratteristiche di Tumblr
- Dal sociale all'individuale: il paradigma Tumblr

Infine, segnalo la Directory Italiana Tumblr e la Tumblelist (raccolta di Tumblr prevalentemente in lingua inglese).

E' tutto. Adesso torno a leggiucchiare i miei bloggers preferiti.

giovedì 25 ottobre 2007

Abbandono

Ancora adesso, a distanza di anni, quando giunge questo periodo dell'anno, fatico.

E' un periodo dell'anno che profuma di abbandono.
Di certezze donate e poi rapite.

E' un periodo dell'anno che ha il colore di una principessa triste.

abbandonoUna principessa che possedeva un cuore vuoto, spoglio come gli alberi in inverno.
Dominato dal freddo era quel piccolo cuore, ma lei non comprendeva.

Il freddo non si percepisce del tutto
finché qualcuno
non viene a posarti
una coperta sulle spalle.

Tremava spesso la principessa, ma non sapeva di tremare.

Poi un giorno, qualcuno le portò in dono un po di tepore.
Glielo donò con un sorriso, uno sguardo disarmato, caldo come pioggia d'estate.

Quando smise di tremare, la principessa ebbe paura.
Paura per aver provato un sollievo così grande e sconvolgente, temeva di non poter più viver senza.

Per non perdere il suo Eroe in un giorno lontano, tentò di scacciarlo in fretta.
Ma lui non demordeva, tentava, con tenera pazienza, di donare una vera favola alla sua principessa.

Incapace di abbandonarsi a quell'incanto, lei ancora e ancora lo respingeva.
Giocava crudele con il bisogno che l'Eroe aveva di lei. Si mostrava fiera e superba, come se nulla le servisse.
Si mostrava fiera e superba, ma tentava disperatamente di credere e cadere arresa.
Ingenuamente assorbiva tutto il calore che poteva, sventrava le certezze di quello sguardo disarmato, lo svuotava di se stesso, quello sguardo caldo come pioggia d'estate. Ondeggiava sul valico, tirandosi via non appena lui la sfiorava.

L'Eroe pagò la colpa di aver scambiato il freddo cuore della Principessa per una giornata di Primavera.
Di aver amato il suo profumo e di aver cercato in lei una luce che, forse, non c'era.
Era inadeguata, incapace di essere amata.

Il giorno in cui lui si arrese, la principessa, con distaccò lo salutò.

Chiuse gli occhi per riaprirli sulla sua solitudine.
E finse di non sentire il freddo che implacabile tornava.

Non più sostenuta, curata, amata, triste più di prima, sapeva che in fondo nell'Eroe aveva creduto. Sprofondò nel silenzio, portando nel cuore parole e promesse dimenticate.

Posar una coperta sulle spalle di chi trema
lasciar assaporare il gusto del tiepido contatto.
Poi andar via, con la coperta e tutto il resto.
Si lascia nudità, spoglia più di prima.
E fa più freddo ancora.

In quell'ostinazione, in quel mondo vivo, colorato, di fiori e di risate che lui le aveva costruito, in quel mondo, inconsciamente, era scivolata. E in fondo, in quello sguardo disarmato, si era abbandonata. Ma l'Eroe non lo sapeva e saperlo non potrà mai .

Da quel giorno la principessa, non sarebbe più stata la principessa di nessuno, nemmeno di se stessa.

Dalle soffici parole di un Eroe non si sarebbe più fatta ricoprire, in uno sguardo disarmato e caldo come pioggia d'estate non avrebbe più creduto. Pensò.

Perché era inadeguata, incapace di essere amata.

Scioccamente pensò.

E questo periodo dell'anno profuma ancora di quell'abbandono.
Non dimenticato.
Perché è vero che nelle favole accadono tanti eventi, tanti incontri ed entrano in scena tanti personaggi.

Ma di Eroi, veri, che sfidan il buio per salvare una principessa triste e senza lacrime, ce ne sono pochi.

E non possono essere scordati dopo che dal sonno e dal torpore han risvegliato un cuore.

Questo Eroe in fondo, ha insegnato alla principessa il tepore, il colore di un fiore, il senso di necessità, la leggerezza di una lacrima preziosa, come l'amore possa esser bello e come perderlo possa esser triste, come arrendersi possa esser dolce e come scappare possa esser sciocco.

Ed è anche grazie a quell'Eroe, amareggiato e arreso, che le sue stesse parole cancellò in un soffio, se oggi in altre parole la principessa crede.

Quando di nuovo percepì il tepore, la paura dell'abbandono fu più forte di ogni timore.
Inadeguata, ma si lasciò cadere. Chiuse gli occhi per non vedere.

Nel riaprirli, questa volta, non fu sola.

lunedì 15 ottobre 2007

Domenica d'Ottobre

Soltanto 15 minuti.
basta poco per cambiare scenario e lasciarsi alle spalle semafori, ville, alberghi e bar.
basta poco per ritrovarsi a salire lungo ammassi di abitazioni rurali, caseggiati e trattorie, sollevati e trascinati dall'aria montana.
a dire il vero, l'idea di andare a raccogliere castagne non mi aveva allettata molto..ho rinunciato con cattiva voglia ad una domenica pomeriggio nata per poltrire sul divano.
invidio gli altri che cantano con spensieratezza, vorrei avere voglia anche io...
i loro spiriti sono frizzanti come l'aria ristoratrice e solari come questo sole autunnale, tiepido e gentile.
la cima spaccata del Maioletto risalta scura nella foschia di primo pomeriggio.
è una di quelle cime maledette, che nascondono storie genitrici di morte..storie cupe che alla luce del sole diventano affascinanti misteri, da osservare con sguardo sereno e distaccato, senza turbamento alcuno.

Quando siamo abbastanza in alto, mettiamo le auto a riposo e ripartiamo di gambe.
piano piano, mentre saliamo sul castagneto, inizio a riempirmi il cuore.
senza neanche accorgermene il mio umore è diventato lieto..

Tra una chiacchiera e una risata inizia la raccolta...per qualche istante vengo rapita dai colori autunnali, la più bella stagione dell'anno..dove il verde della vita amoreggia con il marrone della morte.
poi, chinandomi a terra, sorrido nel vedere i ricci che proteggono le castagne, come soldati armati di lance che fanno cerchio attorno alla loro regina.
Mi fanno quasi tenerezza, mentre mi sembra di ripetere gli stessi gesti da sempre.
le dita, delicatamente,
si insinuano nel riccio,
dilatandone i bordi,
con lievi movimenti pian piano,
afferro le castagne.
la fievole resistenza non mi impedisce di estrapolarle, portandole via con dolce violenza.
a volte sono più di una, alcune più grandi, altre più piccole.
le mie mani accarezzano con piacere quella superficie liscia, perfetta, tondeggiante.
riempiamo i sacchetti velocemente, quasi come ladri venuti a depredare la casa altrui.. ma non c'è paura di essere scoperti, rumorosamente segnaliamo la nostra presenza allo sguardo maternamente ammonitrice della natura che ci ospita.
senza rendercene conto, ci disperdiamo in gruppi sempre più piccoli, fino a ritrovarci da soli, alla fine del giorno..segnale che è il momento del ritorno, del ritrovo.

Eccoci, con i volti arrossati e i sorrisi accarezzati dalla soddisfazione, confrontarci i bottini, senza onore e senza lode.
ai piedi del castagneto c'è una radura, la esploriamo velocemente con lo sguardo, complici di uno stesso pensiero...
eccolo, laggiù era stato acceso un fuoco, cenere e legna consumata ne rappresentano i resti.
abbiamo con noi una padella forata, basta raccogliere qualche legno da ardere..
lestamente ci mettiamo alla ricerca, ognuno porta secondo le sue forze, anche i legnetti piccoli sono i benvenuti,
soprattutto a dire il vero.
non si accende il fuoco senza legnetti piccoli, i legnetti piccoli servono sempre.
lo tengo a mente mentre mi riscopro una di loro..
con metodo, rito ripetuto, la fiamma sorge timida a salutarci.

E ancora una volta si resta incantati..
è bello il fuoco.
è una magia il fuoco.
si diventa bambini davanti al fuoco.
riscalda il viso e abbraccia l'anima.
taciamo davanti a quel tiepido linguaggio, antico più dell'uomo.
senza tempo è l'attesa e poi sapore intenso, profumo che invade ogni senso, si diventa insensibili al calore pur di cibarsi del proprio frutto.

E' sera.
si ritorna a casa, in silenzio.
in macchina ho voglia di sparire, divento piccola, unificandomi con il sedile posteriore.
ho bisogno di raccogliere i pensieri, di trattenere il profumo e il calore della giornata, quasi senza respirare.
la montagna alleggerisce, pulisce..
c'è l'aria buona, diceva mia nonna, e l'aria buona purifica e porta via la sporcizia, la pesantezza.
quando ti entra nelle narici la senti pungere, perchè estirpa il male strappandolo e trascinandolo fuori.
la strada scende, per curve che sembrano scivolar via.. finché una rotonda annuncia il ritorno a casa.
una volta qua c'era un incrocio, bruscamente rude nella sua spigolosità.
ti costringeva a fermarti, guardare e ripartire.
il bello della rotonda è che sinuosa e infinita.
la rotonda è perfetta, non ha spigoli, non costringe a movimenti recisi, non ha asprezze.
dolce confluenza di strade, potresti girare e girare senza smettere, accarezzandone i bordi fino a sparire, senza il palese bisogno di dover scegliere una direzione ad ogni costo..
persa in questi pensieri la trovo quasi seducente....

Forse perchè ormai mi sento in balia di questa morbidezza...
e perchè in fondo la rotonda è immagine di donna, come la castagna, come la curva della montagna, come questa luna quasi piena, che ci accompagna il cammino..
e la donna è ricordo di mamma, che culla con voce sottile, il sonno di una domenica di ottobre.

Queste parole risalgono a circa due anni fa.
Era un ottobre malinconico, il cuore soffocava nella solitudine.
Sembra così lontano adesso, eppure il profumo, il tepore, la consolazione di quella giornata mi appartengono ancora.
Questo ricordo mi strappa sempre un sorriso.
Con piacere lo lascio riaffiorare.

giovedì 4 ottobre 2007

The Evolution Of Beauty


Diventiamo belle, belle come spose. Diventiamo belle, come le rose. Profumate e belle. Fiere come le stelle. Belle come i gelsomini diventiamo. Belle davvero. Belle per chi amiamo. Belle e frizzanti. Belle ed eleganti. Sistema il trucco, rendilo naturale. Un trucco naturale. Naturalmente un trucco. Bella come bambola. Perfetta e privilegiata. La bellezza apre ogni porta. Ogni porta dalla bellezza è sfondata. Rendimi bella, acconciami i capelli. Allunga le mie ciglia, schiariscimi la pelle. Bella e sublime. Eterea e delicata. Ogni porta dalla bellezza è dominata. Rendimi bella, per piacerti, per piacere. Con mani sapienti trasformami a dovere.
Bella e perfetta al posto di un niente. Perfettamente bella. Bella adesso, ancora e sempre.

specchioRivestimi fuori, bella in viso. Fragile nel cuore e nel sorriso. Osservami con piacere, ma non amarmi. Non sono forte abbastanza per sostenermi. Sguardo sublime, movenza sinuosa. Dietro il velo si nasconde una voce ansiosa. Io son perfetta fuori, non chiedermi cosa penso. Di ogni particolare non cerco un senso. Riflettere atrocemente è l'altro abisso da affrontare. Sfuggire quella caduta con la bellezza lo posso fare.
Lasciami qui in vetrina, non ti avvicinare.
Sono solo la tua bambola, mai mi lascerò sfiorare.

* Ringrazio PV64 per la Vignetta gentilmente concessa.

martedì 2 ottobre 2007

Eccezione

Quando l'amore vi chiama seguitelo.
Anche se le sue vie sono dure e scoscese.
E quando le sue ali vi avvolgono, affidatevi a lui.
Anche se la sua lama, nascosta tra le piume, potrebbe ferirvi.
E quando vi parla, abbiate fiducia in lui.
Anche quando la sua voce può infrangere i vostri sogni come il vento del nord devasta un giardino.
Perchè l'amore come vi incorona, allo stesso modo può crocifiggervi. E come vi fa fiorire, allo stesso modo vi recide.
Allo stesso modo con cui ascende alle vostre sommità e accarezza i vostri rami più teneri che fremono nel sole, così può scendere fino alle vostre radici e scuoterle fin dove si aggrappano alla terra.

olbinski
L'amore non da nulla se non se stesso, e non prende che da se stesso.
L'amore non possiede, nè può essere posseduto.
Perchè l'amore basta all'amore.

(Kalhil Gibram, Il Profeta)



Non immaginavo che avrei mai usato questo spazio in questo modo..

non era mia intenzione, non è il suo scopo.

Eppure non posso farne a meno.

Ho sempre giocato poco nella vita, non mi piace buttarmi a capofitto, abbandonarmi al vuoto, abbassare la maschera e lasciare nuda ogni fragilità. Guardarmi mentre precipito non è da me.

Rifletto, peso ogni cosa, sempre.

Eppure non posso farne a meno.

No, non voglio pensare a nulla adesso.

Per ciò che sei per me, per come mi fai sentire quando sono con te...




Voglio solo augurati... Buon Compleanno...





venerdì 28 settembre 2007

La Scatola Del Tempo

tempo dalì"Il tempo non basta mai", lo diciamo sempre un po tutti, lo dico spessissimo anche io.

In realtà questa frase andrebbe tradotta con un bel "non so gestirmi".

Perché non possiamo certo discutere la quantità, quella è fissa, non la modifichiamo nemmeno se ci lamentiamo per i prossimi cent'anni di vita. Al contrario mi rendo conto che dovrei interrogarmi sul perché non sono in grado di gestire ciò che ho a disposizione, di riempirlo nel modo giusto, di trovare il miglior compromesso tra ciò che necessita a me e ciò che è indispensabile nei confronti altrui.

Non ci riesco e questa sensazione di impotenza mi abbatte.

Basta un piccolo cambiamento, una novità e tutto deve mutare, l'equilibrio cade, inizio ad annaspare per ripristinare un falso ordine insoddisfacente.

Il mio tempo è come una scatola dove devo far entrare tanti cubetti dalle forme e dimensioni diverse, e so bene che questi cubetti sono troppi.
Ogni volta me ne resta fuori qualcuno.
E spesso, mi accorgo con dispiacere, che i cubetti rimasti fuori dalla scatola sono quelli a cui tenevo di più.
Che sono stati sacrificati.
Da essi mi aspetto e pretendo comprensione, so che accetteranno di esser rimasti fuori l'ennesima volta, della rassegnazione han fatto abitudine.

Ecco, se continuo - o continuiamo - a lamentarci della dimensione della scatola, non risolveremo mai nulla.

E' il caso, invece, di prendere i cubetti importanti, metterli sul fondo, e poi inserire gli altri, secondo priorità, affetto, responsabilità, interesse, gusto.

Lo so, me lo dico ogni giorno.

E allora perché continuo a lamentarmi della scatola?

venerdì 7 settembre 2007

Sguardi vicini e Sguardi lontani

mare calabriaTorno e riparto.

Ma ritorno in fretta.

Nel sempre troppo poco tempo a disposizione son riuscita ad inserire un pò di foto (presto ne aggiungerò altre) su Flickr : la macchina fotografica è una comunissima digitale di qualità non elevata, la mia bravura è quella di una comunissima e incapace creatura umana.

Nessuno scatto superbo dunque, anzi, probabilmente non renderò il giusto riguardo al turchese limpido e accecante del mare, ma in fondo cosa importa.

Tornare a casa, ammirare nuovamente il paesaggio natio, assaporare i tramonti sull'acqua salata, nuotare, nuotare, nuotare nel blu accecante e trasparente del Tirreno, gustare i cibi e i sapori unici che solo La Mamma sà combinare, attraversare nuovamente i sentieri che accompagnarono l'infanzia.. di tutto e non solo di questo sentivo il profondo bisogno.

Quasi sei anni fa, quando andai via dalla mia Terra, mi furono donate queste parole da una voce calda, protettiva, tenera:
"la testa nel luogo in cui andrai, il cuore nel luogo da cui vieni".

Non le ho mai dimenticate.

Me le ripeto ad ogni nuovo mesto "Arrivederci".

E in fondo, queste poche foto, scattate con mano impetuosa e insicura, altro non sono che uno sguardo sul mio cuore orgoglioso e testardo che ad ogni battito muore di nostalgia.

giovedì 16 agosto 2007

Ma non vai al mare?

manifesto liberty riminiTu il mare lo ami lo stesso. "Uomo libero, sempre amerai il mare", dice il poeta.
Uomo libero, appunto: libero anche di non andarci al mare, quando non ne hai voglia. (...)
Continua a pensarla così, se vuoi. Ma sappi che un aperto rifiuto della vita da spiaggia a Rimini può costare una dolorosa esclusione sociale, il cui primo sintomo è la domanda: "Ma non vai al mare?..." E' una domanda retorica, perché guardandoti il riminese ha già concluso che al mare non ci vai.
O non abbastanza, altrimenti non daresti cos' pallido, molliccio e malinconico.
Quindi, chi ti domanda "Ma non vai al mare?" in realtà sta dicendoti: "Ti trovo pallido, molliccio e malinconico. Se la riminesità fosse una patente a punti, te la sospenderei immediatamente".
Pallore, scarsa tonicità dei tessuti e malinconia sono malvisti ovunque, ma a Rimini diventano peccati mortali.

( Tratto da "Alieni a Rimini" di Lia Celi**)

Eccomi, peccatrice.
Son giunta nuovamente al culmine del mese di agosto senza aver mai messo piede nella verde laguna della bella Rimini.
Chiedo venia, riconosco l'anomalia.
E a dire il vero la riconoscono bene anche tutti gli altri, dai colleghi di lavoro, agli amici, ai turisti.

Si, sono una piccola chiazza bianca che cammina per strada, che digita tasti davanti un pc, che passeggia in centro.

Si, vivo in una città di mare, sul mare, con il mare, che del mare ha fatto stile di vita, fortuna, dedizione.

Se io volessi propinarvi una scusa qualsiasi vi racconterei che lavoro molto, che non ho tempo, che i fine settimana mi servono per altre attività, che casualmente quando avrei potuto scendere in spiaggia le giornate eran grigie e tristi, che sono allergica al sole, che un dermatologo mi ha imposto divieto, ma tanto alla fine non serve negare che il mare di Rimini proprio non mi piace.

O meglio, non mi piace come qui, in estate, si vive il mare.

Tra qualche giorno me ne andrò in ferie, lontana dalla sabbia rossastra, dalle file interminabili di ombrelloni, dalla vita da spiaggia (e qui la citazione è doverosa perchè quel post avrei voluto scriverlo io), dall'acqua bassa e incolore.

Me ne torno al mio mare, selvaggio, azzurro, sassoso.

Mi godrò un pò di sole d'agosto, in attesa della fresca poesia settembrina.

Ricordo che da piccola non capivo perchè il mare di settembre fosse più bello, lo sapevo, lo sentivo che era diverso, che l'orizzonte era limpido e leggero, l'acqua più trasparente e delicata.
Ma non sapevo perchè.

Poi, un amico - un amico innamorato della natura e della sua macchina fotografica - mi disse:
ad agosto c'è troppa luce, appiattisce i colori, inevitabilmente ti schiaccia.

E lì ho saputo. Ed ho capito.

Ho capito che io non avrei mai amato ciò che poteva schiacciarmi, che mi si addossava contro, che mi comprimeva come oliva sottovuoto.

Non accettavo la pesantezza, come non accettavo la massa.

Non le accettavo perchè soffocavo insofferente nell'impaccio.

Soffoco anche oggi.

E quindi evito e scappo, ritorno al mio azzurro e aspetto l'isolamento che dopo Ferragosto pian piano sopraggiunge.


Buone vacanze.. stavolta a me.



*Il manifesto liberty di Rimini è un opera di G.Lord - "Igea e Apollo Bagni di Rimini 1901". Illustrazione della copertina della guida "Bagni di Rimini"
** "Alieni a Rimini" è scaricabile in formato pdf dal Blog di Lia Celi

lunedì 6 agosto 2007

Catch me as I fall - Part I

Puntata precedente: La fioraia - Intro

racconto

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Seconda puntata: Dal Blog di Mari:

danzaCon mia mamma andiamo d'accordo solo quando dice che il mio prof è un uomo affascinante, ma quello non può negarlo nemmeno una madre stupida e la mia non è poi così male.
Però la odio quando mi prende in giro e dice che i professori li dobbiamo vedere come insegnati e basta, che lui è un uomo adulto, che io sono una bambina, che non ci devo pensare.. e che diamine, mi può piacere chi pare a me o no?

Non è colpa mia se lui è sempre gentile, se mi piace quello che dice, come parla e come spiega.

La mamma non capisce un cavolo come al solito, mica sono scema io, e poi è anche sposato, non me ne frega niente! Io sò solo che mi piace la mattina andare a scuola quando c'è la sua lezione e che ad esempio oggi sono felice un sacco!
Sono felice perchè l'interrogazione è andata bene e lui era fiero di me, mi ha fatto tanti complimenti e mi ha segnato un buon voto!

Sono felice perchè l'unica cosa che non vorrei mai, è deluderlo!

(...)

Siccome a mia madre di lui non posso parlare, siccome piace a tutte le mie amiche e non mi va di sentirmi uguale a loro, perchè loro sanno solo dire che "è bello", "è figo", "vorrei essere al posto della moglie", c'è anche una cretina che parla solo di sesso che proprio non la sopporto quando inizia a parlare del prof...no, io sono diversa, a me piace perchè quando spiega mi sembra di vedere quello che dice, perchè lui ama stare a scuola con noi e si vede, perchè lui ci tiene a insegnarci qualcosa e soprattutto a parlare con noi. Perchè non ci tratta da bambini, deficienti, teppisti, idioti, animali.
No, lui è diverso. E anche io.

E allora il blog lo possono avere tutti, ma il mio prof, come lo vedo io, no, è solo mio, e ho voglia di pensare a lui e parlare di lui, scrivere di lui, far leggere di lui.

(...)

E lo faccio qui.


Mari

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Questo testo è un estratto del post Inizio qui, pubblicato sul Blog di Mari in data 04 Agosto 2007.


venerdì 3 agosto 2007

RIVELAzione


Ho sognato di osservarti mentre docile dormivi.

T'ho scovato in una notte senza luna,
grazie al flebile brillio
d'una lucciola
morente.


Ho sognato di ascoltare il tuo respiro silenzioso.

Giacevi abbandonato da ogni affanno,
sul viso un'espressione
ingenuamente
indifesa.

T'ho raggiunto nel luogo in cui ti celi per sfuggirmi.

Alte mura ha la fortezza che ti veglia,
erette con la forza
di un dolore
senza voce.


Ho tanto sperato d'incontrare il tuo cuore velato.

Eppure in questo sogno, non mi sbaglio
non solo uno spiraglio
ma assaporo
completezza.

Ho sognato di poter appartenere al tuo segreto.

E m'illudo di poterti infine raggiungere
e sfiorarti apertamente
sotto un cielo
luminoso.




lunedì 23 luglio 2007

Racconti Randagi

Sul web capita spesso di imbattersi in parole scritte che formano racconti.
Spesso questi racconti nascono e si sviluppano nei blog.
A volte vengono suddivisi in post brevi ed intensi, pubblicati a puntate, senza scandenze precise.
Altre volte invece l'autore non segue per nulla il "ritmo" della scrittura digitale e inserisce il suo racconto tutto intero, in un unico blocco, dove capitolo segue capitolo.

Succede che molti di questi racconti siano belli e avvincenti.
E che magari il blogger che scrive è mosso dalla pura passione, procede senza troppe aspettative, solo perchè ha voglia di scrivere e di farsi leggere dal primo navigante che incrocia.

Nei meandri della rete molti di questi racconti si perdono.

Alcune volte, quando gli autori o quando il pubblico di lettori virtuali lo desidera, questi racconti vengono promossi, diffusi, raccolti in e-book, pubblicati su riviste online, stampati anche sul cartaceo.

Gli autori tendono a spingere quelli che ritengono i loro racconti migliori, le loro punte di diamante, le parole perfette. Generalmente i lettori e gli editori virtuali cercano questi racconti ritenuti più belli.

Generalmente, ma non sempre.

Randagi (i racconti che i bloggers amano), è una iniziativa volta a raccogliere in e-book alcuni dei racconti sparsi tra i grovigli della blogsfera.

Ciò che colpisce, che mi colpisce, è l'unica condizione necessaria per poter inviare i racconti alla redazione.

Assunta Altieri, dal suo Cassetto delle idee libere, puntualizza:
deve trattarsi di un racconto al quale siete particolarmente legati e sono così invadente da voler sapere perché.


Ammetto che mi piace, molto.
Randagi pubblicherà tre racconti per volta. Tre racconti che sono lì perchè sono amati dai loro autori, non perchè rappresentino le loro migliori produzioni, i loro fiori all'occhiello, quelli pregiati, con cui desiderano farsi conoscere.

Sono lì perchè coloro che li hanno scritti hanno provato e provano affetto profondo per questi scritti, avvertono e non scordano l'appartenenza viscerale di questi pezzi al loro essere.

Segnalati perchè amati.

E lo trovo stupendo.

La prima edizione di Randagi è scaricabile dal blog sopracitato.




*Ringrazio Gloutchov per la segnalazione.

lunedì 16 luglio 2007

La fioraia - Intro

racconto

Il sole sta calando, rosso, infuocato, ardente di passione per ogni pezzetto di mondo che lambisce, ultima carezza del giorno, poi il saluto e l'abbandono, domani il ritorno.
E' geloso fino all'inverosimile di ogni angolo di questo pianeta, ne ama i profumi portati dal vento, ne brama i colori intensi, quell'azzurro così fresco, il verde gioioso delle foreste e il bianco accecante dei ghiacciai.. proprio i ghiacciai con il loro candore lo inebriano a tal punto che non smetterebbe mai di guardarli, su di loro si trattiene per mesi senza concedere il conforto della notte.
Eccolo, adesso, mentre scivola via, lascivo e sofferente, insinuandosi smanioso tra i rami degli alberi un'ultima volta, come chi non ha la forza di lasciare il corpo dell'amato dopo una notte d'amore.


La solita tovaglia a quadri rossi e bianchi.
Il vapore sbuffeggiò in tondeggianti nuvolette appena lui scostò il coperchio.
"Sai - incominciò una voce di donna mentre nel frattempo mani di donna afferravano risolute un tegame bollente; sono dita che non possiedono quasi più sensibilità al dolore, nonostante abbia mani gentili di forma e d'aspetto, delicate nello sfiorare - oggi in negozio mi è successa una cosa... che definirei.. strana"
"Cosa tesoro?" - era già seduto, versò il vino nei bicchieri mentre lei sporzionava nei piatti.
"Un cliente nuovo.. una persona normalissima.. anche molto bello direi.. sui trent'anni... - raccontava lentamente, distratta, ma presto il tegame finì nel lavello e si sedette al solito posto - dicevo, è entrato in negozio, ha osservato tutti i fiori, li ha odorati, sfiorati, per un bel pò sai?"
"Non vedo cosa ci sia di strano.. magari era solo un pò indeciso"
"Bhe, fammi finire di raccontare - portò in bocca un primo boccone - e comunque buon appetito"
"Anche a te. Poi che ha fatto?"
"mmm... dopo aver girato per quasi un'oretta senza prendermi minimamente in considerazione, e dopo essersi soffermato con aria perplessa di fronte ad ogni fiore, si avvicina.. e mi chiede:
Gentile Signora, che fiore mi consiglierebbe per festeggiare un tradimento?"
"Ma dai! ma esiste un fiore simile?"
"Bhe..i fiori parlano! è un pò troppo salato forse, non ti pare?"
"No, per me è ottimo, ho capito che i fiori parlano, ma mica festeggiano i tradimenti.. o no?"
"Effettivamente ti dirò che non ho saputo rispondergli. Il fiore del tradimento è il fiore del sambuco, ma non credo serva per festeggiarli, vuoi altro formaggio?"
"No, non ti preoccupare, quindi?"
"Quindi cosa?"
"Che fiore ha preso?"
"Il sambuco! ha detto che ci avrebbe aggiunto dello champagne..." - portò alla bocca il vino, un pò seccata.
"Che ti prende adesso?" - lui sorrise ironico
"A cosa ti serve sapere di che fiore si trattasse?"
"Adesso non mi serve, ma non si sa mai. Devo imparare questi linguaggi dei fiori, a volte sei così impegnata che non riesco manco a parlarti..se però ti faccio trovare il fiore giusto, eheheh"
"...."
"Dai, non fare quella faccia - rise lui, bonariamente. Sapeva già che lei fingeva una stizza che non aveva.
E' il gioco della parti. E' bello fare le gelose. E' bello fingersi offese. In genere lui le sfiora la guancia con la mano e la rassicura, inutilmente dato che non c'è vera necessità, ma è ugualmente bello.
Come quando lui finge che il pasto presenta mille difetti: poco sale, troppo formaggio, troppo cotto, poco sugo, troppo abbrustolito, e alla fine invece il sapore è buono, ma è bello vederla stizzita e lamentosa, punzecchiarla, innervosirla e poi farsi perdonare.
In fondo sono solo semplici giochi d'amore. Non va bene niente e invece va bene tutto.
Il gioco del "se mi tieni il broncio è più stuzzicante fartelo passare".
"Comunque, resta il fatto che quel tipo non mi piaceva - lei riprese versando altro vino - era strano, troppo maliardo, sottile... non sò.. mi ha messa a disagio"
"Bhe, inizia a sperare che non diventi un cliente fisso allora, altrimenti dovrai ripassare il significato di fiori, piante ed arbusti!"
"Seee.. metto sul bancone un libro e gli dico: trovatelo!"
"Si, decisamente.. adesso è chiaro, otto anni fa sono stato conquistato dalla tua estrema e raffinata gentilezza"
"..."
"Bhe, se dovesse ritornare fammi sapere quali altre richieste ti rivolge, potrei fare di lui una cavia"
"Riesci a pensare ad una persona senza rivestirla di termini come cavia, esperimento, oggetto di studio e simili?"
"Si, quando penso a te mi viene in mente il termine "moglie": credimi, è sufficiente"
Molto probabilmente il secondo piatto avrà poco sale, o troppo condimento.
Il complice gioco della stizza ha preso il via.
Questa sera le luci della cucina e del salotto non resteranno accese a lungo.

Gli ultimi raggi del sole si aggrappano e si strappano dai rami degli alberi neri, mentre inevitabilmente il cerchio di fuoco scivola via dietro l'orizzonte. Folle e inconsolabile, si chiede chi mai allieterà questo mondo mentre lui ricopre l'altro mezzo.
Un ultimo raggio, troppo innamorato del luogo, si avvinghia alla Luna per continuare a sbirciare.

mercoledì 11 luglio 2007

solo un imprevisto

Hai presente quando un papà o una mamma portano a spasso il loro bambino e gli promettono che sulla via del ritorno passeranno dalla gelateria che produce quei gelati tanto buoni che sono così cremosi che fanno impazzire e poi se vuoi ti mettono anche la panna sopra e il bambino è felice e per tutta la durata della sua passeggiata pensa al gelato che si gusterà tornando verso casa quando poi ecco al ritorno la strada che intraprendono non è quella dove si trova la gelateria perchè si è fatto tardi e devono rientrare in fretta e quindi il gelato si deve rimandare ad un'altra volta?


Hai presente quando ti sembra che il tempo proprio non ti basta e sai perfettamente che in realtà sei tu che non te lo sai gestire e che è vero che il lavoro è tanto ed è anche vero che la sera la stanchezza è sempre troppa però sai benissimo che il tempo per una telefonata veloce si trova e invece tu non lo vuoi trovare perchè dici che lo stress ti impedisce persino di renderti conto quando non stai facendo nulla di importante e magari giocherelli con il telecomando o ti butti su una poltrona senza avere la forza nemmeno di parlare e vorresti dimenticare ogni impegno e ogni affanno e ti scalzi di dosso anche il pensiero di quelle persone che volevi sentire?


Non possiamo farci nulla ed è perfettamente inutile negarlo perchè tanto è vero che alla fine i piccoli contrattempi ci indispongono e ci rendono tristi e afflitti come se ci trovassimo di fronte a tragedie ben maggiori e magari ci sentiamo anche un pò soli perchè vorremmo avere accanto le persone che amiamo e invece sono distanti talmente tanto che nemmeno il telefono può raggiungerle visto che oltre alla distanza fisica poi si ci mette anche la mancanza di tempo da dedicare a ciò che ci fa bene e accumuliamo amarezza e alla fine siamo deboli e insicuri e crolliamo come foglie quando arriva un contrattempo che ci priva di un piccolo piacere o che ci tiene lontani da un pò di calore.

venerdì 6 luglio 2007

metti una notte rosa a rimini






si, metti una notte che non è
notte, metti una notte rivestita
di labile rosa, metti la solita città,
che diventa una nuova
città, avvolta da un manto di luce incantata.





metti anche noi, che ci muoviamo
lentamente e volgiamo al cielo lo sguardo,
metti che cerchiamo la luna, per vedere
se anche lei eclissa il bagliore latteo
e arrossisce viziosa.


metti una notte senza sonno, insonnia
voluta e non temuta,
metti una notte ricoperta di rosa, troppo
intenso il colore, tant'è che non svanisce,

quando invece svanisce il buio,
mentre il sole sorge, tuffandosi
a sua volta in un mare di fragola.


Dall'alto in basso:
Fontana Quattro Cavalli - Rimini
Grand Hotel - Rimini
Alba sulla Spiaggia - Bellaria

1 Luglio 2007, Grazie a chi ha condiviso con me la magica tinta di una notte.


mercoledì 4 luglio 2007

dai Luoghi nascono le Parole

Rallenta il passo, assapora il profumo, percepisci il suono.
Fermati.

Non ti si è svelato del tutto solo perchè non sai ancora dove tu vuoi arrivare.

Abbandonati a te stesso, è necessario, siediti magari, anche a terra va bene, sostengo da sempre "la comodità prima del pensiero".
Adesso, decidi pure dove "essere".


Sei lì, nel luogo che desideravi contemplare.
Ne hai deciso le sembianze, lo spazio-tempo, l'orizzonte.
E' tuo.

Non è necessario che ce lo illustri, non ancora, è inutile tentare di descrivere il gusto di un dolce alla sola vista degli ingredienti.
Devi prima comprendere cosa hai mescolato insieme.

Si tratta di un ricordo d'infanzia? di un posto offuscato, di uno squarcio amato e perduto che desideravi richiamare?
Fai attenzione, se il tuo luogo è lontano nel tempo devi ritrovarlo com'era allora, con gli occhi antichi, reciderlo dall'adesso.
Oggi lo guarderesti da estraneo, oggi ti sembrerebbe cambiato, perchè tu sei cambiato.
Il trucco è: recuperane il ricordo, recuperando il ricordo di te.
Ci sei? ti vedi bambino, fanciullo, più ingenuo, vivace, vulnerabile, forte, diverso?
Allora socchiudi gli occhi lentamente, è nel buio che potrai delinearlo, sfiorandogli l'anima.

Attento!
Non ti ho avvisato prima, potrebbe accadere che la sua apparizione non sia piacevole,
che ti si riporti in mente un posto che non volevi rivedere, lo avevi cancellato apposta - forse, soffocandolo nel dolore, strappandogli via le spoglie con morsi di rabbia.


Se ti fa male,
allontanati un attimo.


Potrebbe anche accadere che il luogo in cui adesso ti trovi non esiste, o se esiste non ne hai mai varcato il suolo: lo hai sognato, lo hai fantasticato, era lo scenario della fiaba che ti raccontava voce-di-mamma quand'eri piccino, o forse l'avevi costruito pezzo dopo pezzo grazie alla mirabile penna di uno scrittore - era lo scenario di un racconto, di un romanzo, divenuto per te vivo e vero.
Forse in quel luogo cercasti le tracce di un assassino, le prove di un crimine, studiandone ogni dettaglio descritto.

Stranamente potrebbe anche metterti a disagio - ascolta, quel senso di lutto che lo pervade non è poi così immaginario.

Non volendo torni dove ha giocato la morte, dove ti ha esasperato ridendoti in faccia, di una risata tenera però, come mamma che prende in giro il suo bambino caduto.

Ti allontani di nuovo con violenza, ma stavolta - si, stavolta,
atterri dove ha giocato l'amore.
E ti si scioglie dolce la tensione, debolmente.

E' il luogo dove ricordi, ti piace
fare
l'amore.
Dove diventi fragile come una foglia secca e forte come vento.



Bene - qualunque sia il posto che adesso nella mente hai fermato, ripescato, scovato, ricordato, immaginato, qualunque sia..

Assorbine l'essenza. Ingoialo. Deglutisci.
Fatti riempire, una, due , tre volte.


Poi prendi tutte le parole che possiedi, ricercale, rincorrile, sono capricciose - lo sò, le segui con la mente ma quando stai per afferrarle perdono il senso, meglio inseguire farfalle - è vero, ma le farlalle catturate non conducono in nessuna via, le parole si, quando le hai prese - le hai prese? bene, adesso..

mostracelo.

Dipingici il tuo luogo, la sua atmosfera, suonacelo, cantacelo, portaci lì con te.
Ascolta le sue parole e usale per svelarcelo nelle tue sensazioni.


Hai visto quello che volevi vedere, sei stato dove sei voluto andare, hai ricordato quello che volevi ricordare.

Solo le parole ti si sono imposte - impossibile trattenere il bambino al termine della gestazione, esce, vuole la vita, vuole vagire e narrare l'abbraccio passato della placenta.
L'uso che farai di queste parole suscitate, dipende da te.

Stai fermo, gusta il profumo, ascolta il suono.
Vivilo.


martedì 26 giugno 2007

inViDia

Venticinque righe, me ne bastano venticinque.
Una per ogni manciata di giorni mescolati a generarmi gli anni.

No, non voglio riferire una cronologia di eventi, di passi, di gesti.
Non si tratta nemmeno di una fiaba o di un racconto fantastico.

Il punto è che a volte ci si sente cattivi.
Cattivi perchè si ama immensamente qualcuno e lo si invidia.
Cattivi perchè ci han detto che l'indivia è un sentimento brutto.
E non si provano i sentimenti brutti nei confronti di chi si ama.

Eppure qualcosa non quadra.

Ti amo immensamente perchè non mi somigli.
Perchè sono incatenata in un angolo e tu giochi con leggerezza.
Semplicemente vorrei tanto somigliarti.

E ti invidio.

Ma l'invidia è una cosa brutta anche se ti amo immensamente.
Non è mio diritto assaporarla mentre ti penso.
Nemmeno se proteggerò sempre la bellezza del tuo fruscio.

Ma se io non ti invidiassi, cosa saresti tu?

Saresti più simile a me, senz'altro.
Avresti i miei difetti, e io li odierei in te come in me.
L'odio non genera invidia, genera disprezzo.
Non avresti i tuoi pregi e non ti amerei.

Ma io ti voglio esattamente come sei tu adesso.
Ti voglio amare e proteggere così, nella tua forma spontanea.

E in questa notte mi sento cattiva perchè ho i miei difetti.
E perchè non amo i miei pregi con l'intensità con cui amo i tuoi.


martedì 12 giugno 2007

Le Notti della Mancanza

C'erano notti in cui la Nostalgia le invadeva gli occhi con ondate improvvise di umido sale.

C'erano notti in cui l'Assenza bussava feroce alle pareti di un cuore in tumulto.

C'erano notti in cui si sentiva Perduta, troppo lontana per restare avvinghiata nella presa di quell'invisibile braccio chiamato Radice.

Erano le Notti della Mancanza, dove voci di sirene cantavano ricordi e conducevano il pensiero con sublime strazio, lo ingannavano, lo ammaliavano, usando omeriche seduzioni tentavano di rapirne anche il corpo per ricondurlo alla sua terra.
Terra dura, capricciosa, così difficile da modellare, ma che conservava ancora forma di quel corpo mancante.

Erano le notti in cui in preda all'angoscia si domandava se fosse giusto, se fosse consentito, se fosse naturale Vivere Separata, aver scelto la Distanza, aver chiamato casa altre mura, le dita della mano hanno senso solo se restano insieme, attaccate nel punto preciso in sui sono nate, ti strapperesti forse un dito per posarlo in un altro punto del corpo?

Erano le notti in cui tutto sembrava un Errore e la Solitudine urlava e sbatteva e sfiniva ogni forza.
Erano le notti in cui anche la propria voce singhiozzante sembrava Voce di Terra Straniera.

C'erano notti in cui si sentiva morire come quel sole rosso fuoco che si spegneva lontano, nel suo mare, ogni sera, mentre il campanile, eterno e sconfitto, suonava muto la maliconia degli esuli.

Erano le notti in cui sapeva che l'indomani il sole avrebbe illuminato un cielo diverso e uguale, perchè l'azzurro che ci copre è sempre lo stesso azzurro e ci sorveglia,
noi e le nostre case lontane,
noi e le nostre persone strappate,
noi e le nostre scelte malate.

giovedì 7 giugno 2007

Calendula

Spalanca il cuore con la luce del mattino, si spegne gemendo come sole al tramonto.

Bellezza e delizia non sostiene quando sale l'ombra.
Il fragile stelo non sopporta il peso che non vede.

Te ne accorgi.
Rattristato non comprendi il suo chinarsi inerme, ma ben sai che un fiore è bello poichè indifeso.
L'inebriante profumo costa fatica, ogni esile sorriso lo coltiva custodendolo nel segreto.
E se corruccia lo sguardo è solo perchè tenta invano, ahimè, di celarti quell'animo trafitto.

Della tua luce morbida non sente il tocco.

La Notte, indiscreta, ne percepirà il tremore, l'inquieto soffrire in lacrime di rugiada.
Son perle che scendono da rive socchiuse, ghiacciate, sprofondano in una solitudine nera.

Non ti spaventare, oh Notte, non temere per l'esile creatura.

Se tra le tue braccia si dimena con affanno, circondala con più ardore.


Non sarà in grado di chiamare per nome il peso che l'opprime, ma tu che il battito del cuore sai ascoltare,
da quel silenzioso palpitare,
ne percepirai l'essenza:

Assenza.


venerdì 1 giugno 2007

Ho Sepolto il Cuore

Ho sepolto il cuore per impedirgli di perdere il senno.

L’ho sepolto in terra umida, scura, fredda come pietra antica, dal profumo pungente che assale intenso appena la smuovi a fondo, inaspettatamente morbida al contatto delle dita tremanti che vi si insinuano randagie.
L'ho sepolto in una terra affamata che gli si è appiccicata addosso, svelta, smaniosa di possederlo ed assimilarlo fatalmente nella morsa.

Ho sepolto il cuore e l’ho sepolto in una sera tiepida, con le mie sole mani, raspando con le unghie, infrangendo la resistenza della crosta che schiacciava il terreno, ho scavato io, io sola. L’ho deposto senza una lacrima di addio.

Il luogo in cui l’ho sepolto è ben custodito, celato agli sguardi da una coltre di edera silenziosa, discreta, insinuatasi col tempo tra le fessure di ogni arbusto. Un verde mantello che lo protegge senza nulla aspettare, così come i rovi vegliarono il placido sonno della Bella, senza conoscer fretta.
Fragile custode sembra a prima vista, quasi adagiata con leggerezza.
Ma in realtà violenta è la sua presa, asfissiante il suo tocco, timore non incute con spine e rovi, ma con un abbraccio che tutto ricopre, senza spiragli, che si caccia dentro, si impianta come corpo sprofondato in un letto.

L’ho sepolto e l’ho lasciato ricoprire dall’edera. Non credo avrà mai voglia, lei, di rendermelo indietro.

Lui continuerà a sussultare, ancora e poi ancora.
Io so che quando tu passerai in quella radura, facendo scricchiolare il tappeto di foglie secche ad ogni passo, all’improvviso ti sentirai inquieto come fossi scrutato nel segreto. E penserai che la suggestione dei luoghi partorisce fantasmi come il deserto genera le fate morgane.
Tu non saprai, ma la verità è che di quel cuore avrai percepito il respiro.


Ho sepolto il cuore perché m’impediva di ragionare.
Perché si confondeva spesso, si lasciava ammaliare con capriccio, perché non voleva star solo, perché voleva svincolarsi da ogni controllo.

L’ho sepolto perché mi schiacciava e mi inebriava, dissennato come un bambino irrequieto.

L’ho sepolto perché non voleva più appartenermi.

Leggera sono adesso, non devo più sforzarmi di trovare, al sorgere di ogni alba, il coraggio di affrontare giorni troppo felici.


* ringrazio Dario per la foto.